Presentazione
di Piervincenzo Di Terlizzi
Viaggiare, tornare
Si comincia da Praga, perché questa raccolta è un viaggio, letterario prima di tutto, e come tale innescato dall’irrompere, in mezzo ai gesti della vita, della forza rivelatrice della reminiscenza. Ecco dunque
Strana mela
– malá strana – aperta
melograna voci
salivano al castello,
dove le vie della città minore dichiarano l’opzione fondante del viaggio: lo stare ai bordi della storia ufficiale, la scelta della ricchezza dei margini, con il loro mescolarsi di voci, di possibilità d’evocazione, di apertura. I suoni s’incontrano e fanno sprizzare illuminazioni, la parola poetica ne asseconda la forza nel dominio sicuro della forma metrica, della strofa, e, contemporaneamente, nello spazio dato all’allineamento simultaneo delle varianti.
La strada piega verso Occidente, portandoci nella terra del passaggio e dell’imbarco, l’Irlanda di San Brendano, presenza che, con l’Uccello Narratore, ritma le scansioni interne del testo. Irlanda centro della parte più nettamente dominata dalla scelta della lingua inglese, Irlanda groviglio di trame sinesteticamente variopinte,
Sound-smelling
deep-coloured
souls from afar
will be heard
From any
Grafton Street
of any
lesser town:
qui si verifica, da subito, la conferma della polifonia aperta nelle città minori, polifonia come strada maestra per ascoltare le voci profonde dell’umanità.
Il viaggio prosegue, inevitabilmente, verso l’America: inevitabilmente, perché è il viaggio di un occidentale nella sua cultura, nella sua memoria letteraria. Nelle terre d’approdo della nostra avventura, ancora viva è l’attenzione verso le apparizioni della residualità come fonte inesausta di rivelazioni:
A difesa del caos /rubato
a metro in Yerba Buena/ sfida
l’oblìo un cartone:
why lie (I) want beer!
(con la franca dichiarazione dell’ homeless che rivendica l’insondabile diritto della scelta individuale, ed i mostri che vi si possono connettere).
Luogo di raccolta di tutte le voci del mondo, d’altro canto Altrove per eccellenza e per tutti, l’America è lo spazio ideale per percepire – come consonanza d’esistenze, senza alcuna smanceria municipalistica – i segni dell’affratellamento dato dalla comunanza di origini,
Occhi Rubinum Histriae respiro
di scoglio ti sei perduto
Johnny frastornato
di squali ardesia fra terra e mare
Nella dimensione del sogno, anticipata da un esplicito Metalogo, si apre il nucleo centrale della raccolta, laddove l’autore si sposta a sondare la stessa possibilità della poesia, nelle sue motivazioni fondanti, concentrandole nel testo più dichiaratamente speculativo,
Stimmung d’oltredolore
d’essere/nihil essere/
tutt’uno – fiore
del perdersi del ricercare –
Mansuete lonze/ali
arruffate d’incanto
vaghiamo di cielo
in cielo senza più ritorno
Sazie
di questa
luce di questo
presente:
qui trovano ricetto le ambivalenze dell’esperienza umana, saldate dai richiami interni alla dimensione del movimento, che è viaggiare, vagare, perdersi. Oppure, ancora, il fondo di mestizia, individuato nel testo appena citato, diviene il perno del desiderio, che spinge la ricerca poetica, intesa come scandaglio della parola, mai però disgiunta da un solido dato esperienziale, mai, insomma, finalizzata alla propria auotoesibizione:
L’ancora triste
del desiderio ricurva
immergo a scandagliare
porpore inanellate di parole
Avrei voluto ancora
scoprire storie imparare
tormenti arse vividità
che si rincorrano
Oltre il fondo di senso e di parole trovato, o desiderato, ciò che si fa strada, insomma, è il desiderio di raccontare. Desiderio che spinge dunque a tornare a casa – la casa, s’intende, matrice della ricerca poetica: Praga, fugata, trasformata in Rugolo di Sàrmede, dove, come Štĕpán il pittore, consumare ciò che rimane della vita
– A salire la grazia
del ciliegio come a morirvi
arduo cogliendo il frutto
per donarlo ai bambini –
La conquista del viaggio è dunque la dimensione della continuità generazionale del comunicare, e soprattutto del cercare di farlo sapendo quanto ne sia arduo il lavoro: tutto questo non produce, in accordo con le coordinate del viaggio, nessuna forma di vanto. Anzi, la raccolta si conclude di nuovo col monaco e con l’ineffabile Uccello che si congedano con la fiducia di chi ha dalla sua una buona storia:
– D’averci accolto aedi
non avrai a pentirti
perché qualcosa
dunque ti lasciamo
del nostro
raccontare -.
Qualcosa, ovviamente, da vivere e raccontare ancora.
Dediche e ringraziamenti
Dedico questo libro ai miei affetti più cari, e tra questi a Ivana, mia compagna di vita e di avventure geografiche e intellettuali, e ai miei figli. Lo dedico a Gianluca che se ne stava andando a studiare lontano proprio quando ho iniziato a scriverlo, lasciando in me un “cogente vuoto antrale“, una “empty nest syndrome”, e che nel frattempo ha mantenuto intatta la sua curiosità per il sapere. Lo dedico anche a Margherita, che negli anni di gestazione di questo libro è passata dai giochi ad uno sviscerato amore per l’America Latina e alle canzoni di Fabrizio De Andrè suonate al violino con passione. Lo dedico anche a Lorenzo che nel frattempo ha abbandonato i Pokemon per la tastiera di Cubasis, i forum di Harry Potter, e divoratore di romanzi, è membro onorario della casa Griffondoro del collegio di Alta Magia di Hogwarts per aver imparato fin dalla prima infanzia che draco dormiens numquam titillandus.
Questo libro è nato anche grazie ad altre persone che in questi anni hanno arricchito con il loro esserci la mia vita e la mia poesia. Lo dedico a Tiziana, lettrice curiosa e appassionata, a cui devo alcune di queste pagine, ad Heléna di Bratislava, che ha intravisto un regno verso cui non sa volare, a Štĕpán Žavrel, che non ho potuto conoscere di persona, ma la cui presenza ho avvertito nelle case di Sàrmede, mia patria d’elezione di questi anni, ai musicisti di strada di Grafton Street a Dublino, a tutti gli homeless che ho incontrato a Boston, New York, Washington e S. Francisco, a Gianni Giotta,”Johnny”, del Caffè Trieste di S. Francisco, e a molti altri.
Un grazie di cuore a quanti hanno letto con attenzione, competenza e interesse il manoscritto, aiutandomi a renderlo più essenziale, pulito e incisivo e incoraggiandomi a pubblicarlo.
Tra questi un grazie particolare va a Piervincenzo Di Terlizzi e a Pino Roveredo, per la loro attenta e preziosa lettura della prima versione di queste poesie, a Christina Manolescu, scrittrice d’oltreoceano, che da Montreal ha realizzato an attentive, rigorous and delicate proofreading delle poesie in inglese. A Cristina Perissinotto di Ottawa, poetessa guerriera ed esperta di città invisibili, per l’implacabile revisione e per l’amore che dimostra verso TellingBirds’ Island; senza il suo cruciale incoraggiamento Città minore sarebbe forse rimasta invisibile…
Devo infine dire grazie a Guido Benedetto, la cui mano preziosa e il cui cuore d’amico hanno commentato con il disegno le mie poesie.
Una dedica particolare poi a Layla e Tequila, adolescenti de charactér di razza canina, perché mio figlio Lorenzo non possa lamentare che David Clement-Davies abbia dedicato il suo libro “La visione” ai suoi amati cani e invece io no.
L’autore
“… Sono proprio fortunato. Ho trovato una casa
come non potevo desiderare meglio nella
tranquilla via di Oujezd. Là mi raggomitolerò
come un bambino nel suo cantuccio misterioso e
nessuno, nessuno saprà più niente di me!…”
(Da I racconti di Malá Strana di Jan Neruda)
Prologo
Il Monaco versò
neumi
nell’aria laudano
nella tazza
– Fuochi
boemi faville
negli occhi –
Carezzò austero
l’Uccello
Narratore e
incominciò:
I.
Strana mela
– malá strana (1) – aperta
melograna voci
salivano al castello
Cespichi inascoltati
d’un’ala già
cosparsa di pensiero
– a fiotti – ineluttabile
Trine avemmo
di fuoco… /fuoco
per Venceslao/ gradini
d’un barcollare/europa
Ori si danno
gocce opache dal cielo
strano frutto d’oriente
grimaldello nel ventre
– malá strana – cogente
vuoto antrale
d’inedia per
questo frutto
Solo frutto
che ormai
a cogliere
è maturo
__
(¹) Parte piccola, città minore, quartiere di Praga
II.
Sentimi il cuore
tuffato nell’orgasmo
di ciarlatani medici
alchimisti
Senti il mio cuore
arroccato tra neumi
e smottamenti /Jana
Palacha námĕstí/ la piazza
Stento a sentirti l’anima
imbarazzata al guado
d’un dubbio-clignotant
graffito nei palazzi
/Where is the real art/
…ma forse pensa già
a un qualche nuovo St’astny
con l’anima in vendita
da re-incarnare in-fida
III.
Uno spirito
a zigomi nel tempio
inerpicava tra
selciati d’addio
Essere nudità
– ninfee di forme
azzurre – alla pianura
volgono inapparenti
Ma ancora noi
tendiamo mani
alla riva – ciminiere
del drago – e al brulicare
Di là dove
si mostra un brulicare
dal ponte spezzato (1)
osceno di rossori
E sporca
gli occhi
costringe
l’infinito
__
(¹) ponte sul Danubio a Veszprem, tra Ungheria e Slovacchia, bombardato e mai ricostruito
IV.
Dove
hai lasciato il velo
mentre il tuo cuore mi toccava
i piedi
Forse
soltanto a mezzo
sulla bocca a confondere
perle d’attesa
Altro
non ho da darti
che un volteggiare inquieto
di petali e sorprese
Polvere
di pensieri a impastare
un giorno un’ora
un niente
V.
Questo lenzuolo
sul capo getterei
al tuo fantasma
per vederlo
Giullare a notte
nei meandri
mutevoli
del sonno
Carezza di tessuto
ad annullare il mondo
a riempirlo di sogno
non più perduto
Goccia sarà – segreta –
resina profumata
che ti ravviva
il tronco
VI.
Al ballo ti ho
contato questa sera
trentadue tuoi
misteri silenziosi
Trentadue giorni
mal spesi trentadue
guglie del
tuo castello
E dopo il ballo
alla via lattea
giunsero i cammellieri
a contarci le stelle
Ma sui nostri pastrani
arabescati non vedevano
più che una stella
un solo desiderio
Metalogo I
L’Uccello Narratore
condusse allora
il Monaco
Brendano
– Di bramosia
d’oceano invaso
il cuore –
Nella città
minore – aedo
tra gli aedi – tra musici
di strada
a raccontare …
VII.
People breathe
along the banks’ coppering sunset
bounced back from bridge
to bridge the lesser town
Hither and thither
pleasant nods wave
farewell to any
passers-by
A blue-eyed Garda
with fluorescent care soothes
the fears the troubled gaze
of a tiny utterly silent child
Maidcourting
fiddleplaying blossom
in the lesser town
as delicate banshees (1)
drink themselves
into a hellish stupor
A crush of people within
an apnoea of space
Sound-smelling
deep-coloured
souls from afar
will be heard
From any
Grafton Street
of any
lesser town
____
(1) le banshees sono spiriti femminili della cultura celtica irlandese e scozzese; esse emettono un lugubre urlo, presagio di morte.
____
Gente respira/ lungo il tramonto a rame delle sponde/ rimbalzato di ponte/ in ponte la città minore /Qua e là/ amabili cenni ondeggiano/ a salutare qualcuno /dei passanti/ Un vigile urbano occhi blu/ fluorescente premura/ carezza le ansie/ e lo sguardo intimorito/ di un fanciullo piccino completamente silenzioso/ Corteggiamenti/ violini, fioriscono nella città minore mentre/ delicate banshees si bevono il cervello in un infernale stupore/ Una calca di gente/ in un’apnea di spazio
Anime/ che odorano di suoni/ colorate di profondo/ da lontano/ si sentiranno/ da ogni/ Grafton Street/ di ogni/ città minore
VIII.
Far-gazing Celtic eyes
flagging up screams
from the ocean waves
fair boundary in the west
Bewitching tale of Monk Brendan
and his holy crew
singing of foggy seas
toward TellingBirds’
island (¹)
An Dàingean (²)
mysterious glimmering bridge
extreme border to our
land of narrow villages
Deep Celtic woman eyes
here perhaps…
I should be swept away
by love…
here…
perhaps…
___
(¹) Il Monaco Brendano prese il mare con la sua ciurma, dall’ovest dell’Irlanda, esplorando l’oceano e giungendo
anche all’Isola degli Uccelli Parlanti, che qualcuno ha creduto di identificare con l’America.
(²) An Daingean, nome gaelico di Dingle, penisola dell’ovest dell’Irlanda.
___
Celtici occhi che fissano lontano/ grida a raccogliere segnale/ dalle onde dell’oceano/ leggiadro confine all’ovest/
Fascinosa leggenda del Monaco Brendano/ e della sua sacra ciurma/ che canta i mari nebbiosi/ verso l’Isola/ degli Uccelli Narratori/ An Dàingean/ scintillante misterioso ponte/ limite estremo della nostra/ terra di stretti villaggi/ Celtici occhi di donna profondi/ qui forse…/ avrei dovuto/ innamorarmi…/qui…/ forse…
IX.
When the memories
pierced through
your smile brightening
the night
like the flashing of glass
there was a feeling
a sweet lingering
glance across America…
Something
that’s warm
and forbidden –
the touch
of your hand
secret
whisper
of hope
___
Quando i ricordi/ trafissero/ il tuo/ sorriso rischiarando/ la notte /come un lampeggiare/ di vetro,sopravvenne un’emozione/ un dolce indugiare/ dello sguardo attraverso l’America…/ Qualcosa/ che era calore/ non permesso -/ il tocco/ della tua mano/ segreto/ brusìo/ di speranza
X.
L’artista e il suo nudo
luce implorano ormai
e silenzio. Perchè donna-leggenda
ti mostri caleide… sospesa
Perchè ancora gli incolti capelli
s’avvolgono in juta tribale quasi
un tonfo-danzare nel limbo proprio
sotto la terrazza del party
…
– Nido innesti nel nido pensiero
annidato a pensiero specchio
a specchio confondi: it’s Ameri…
(it’s Ameri…) it’s Ameri… (it’s Ameri…) … it’s America… –
…
E tu donna-leggenda ne godi
e cupisci negli occhi e nel ventre
carne soda /sweet-smelling/
…il baratto a concludere
XI.
La tua chitarra a spruzzi
va a inumidire quel roco candore
di quando – un po’ più
femmina – cantavi
Ventun lune a sobbalzo
pupille fisse all’ovest
sono arrivati ignoti
cavalieri d’insaziabile umore
Natiche a frollo il cuore
– hanno – sfibrato per la caccia
riempiono di monete la tua stella
favo d’inchiostro e fiele
A difesa del caos /rubato
a metro in Yerba Buena (1)/ sfida
l’oblìo un cartone:
why lie (I) want beer! (2)
__
(¹) Yerba Buena Garden, S. Francisco
(²) Perchè mentire voglio birra!
XII.
A Giovanni Giotta
gestore del Caffè Trieste di S. Francisco
Occhi Rubinum Histriae respiro
di scoglio ti sei perduto
Johnny frastornato
di squali ardesia fra terra e mare
E il vento gela
dove la gente porta
i dolori all’incanto
e le bestemmie al cielo
E il vento scioglie
in amori a manciate
caffè di stelle-buchi neri
– red Zinfandel – gocce di sangue nella baia
E l’icona sbiadita si perde già
allo sguardo ad ogni passo
fragile/ardore al banco
roco un farsi New Istria
XIII.
Miei occhi – dove sei – ali
di borchia rondine
del peccato che già
stinge in aurora
Mio pianto – dove sei – sparso
sul marciapiede cigolante
carrello della spesa
a tenerti la vita
– Dove sei – non ti piango
soldato lanterna ti piango
a consumarsi libera
nel viola dei capelli
Fiaccola – dove sei – d’una sete
sgualdrina Berkeley ansante
libertà – vita comunque –
piaga on the road crudele
XIV.
Quale dio
stringe la gola roca
di feritoie al duplice
vulcano
Big bang
d’occhi e parole
mute Cindy… goodbye!
etere – al cellulare – di frammenti
Quale dio
cinge d’assedio
questa gente – dèmoni/
figli accolti –
Come in croce
il capo reclinano
morenti goodbye… Mark!
torri d’urla infuocate
I love you…
…smorza la voce
il cellulare – onde
fievoli a lutto -…
Metalogo II
Brendano il vecchio
sedette un poco
fissi
gli occhi/rugiada…
– Morire…
…amare… umori
di petali sfiorati –
Poi… lasciò il canto
all’Uccello
Narratore… bevve
alla tazza muto e
pregando si assopì…
XV.
Coglievo trasognato a uno a uno
frutti e fiori di serra opalina
e m’affannavo a inserire monete
nella fessura umida del cosmo
E sedevi a invocare insolente
zattere a nolo
squassate dalle rapide ignorando
– grande – il canto del fiume
E perchè mai celare tra le foglie
trappole di profumi pali
a punta la notte riaggraziati
dall’inseguirsi d’un gioco virtuale
Eppure anni luce/silenzio cercavamo
tracce nella memoria infinitesime
…e dentro la mia bolla di sapone
– stavi –
a danzar sulle punte…
XVI.
Perchè non me l’hai detto
che la notte
gelava partigiana
il tuo battito d’ali
Che il vento martoriava
con lamine di sale
il tuo terso planare
vespertino
Alla fontana t’incontrerò
dove danzano gli anni
intingono le dita
gridano in faccia al buio
Devoto riempirò
d’acqua la ciotola
alla tua sete e se vorrai
mi vestirai di mani
XVII.
Questo verso ho cercato
per te tra parole impastate
e nessuna cavalle impazzite
pareva augurale
Pur se dentro il forziere
delle notti mi sono
rivolto alle stelle
quelle notti che corrono
dense e ove mai
il raccolto mio
urlo del tempo
oltraggia la luce
ma ora a squarciagola confondo
alla tua la mia sete
che si scioglie in rigagnoli lievi
mentre schiude
in poesia…
XVIII.
L’ancora triste
del desiderio ricurva
immergo a scandagliare
porpore inanellate di parole
Nel solitario andare mi concedo
quando s’alza la bruma
all’anemone bianco
diafano più del mare
Con ardore di serpe
invano già risalgo
la corrente quasi avvertito
di quel fioco bagliore
Eppure è luce
drogata d’oleandro
come gesto gentile
quasi donna che ama
XIX.
E mi hai condotto
al cielo
per gradini di sale
– senza voltarti –
Sulla tua pelle acini
ho versato del giorno
a riannodare siepi
rovi e corniolo
E volavamo sulla
città densa
di guglie ottuse in un
volare azzurro
E gioie di sorgente
dalle fessure colsi
briciole ad annusare
degli assoluti
…
XX.
…
Portami ancora
alla nuvola-festa
delle carezze viola
delle perle irrorate
Portami istinto-nuvola
alla danza/imbrunire
quando è più caro dare
e ricevere doni
Portami drago-
nuvola all’abbraccio
d’occhi – futuro/
occhi d’attesa – accesi
Metalogo III.
La fronte
corrugata dal mare
e dal silenzio
cospargeva Brendano
Di sogno finalmente…
– Nella burrasca pendule
veglia/dolore alcove
ritorno/rimanere –
…mentre l’Uccello
Narratore lieve rendeva
la sua fatica
e il canto:
XXI.
Heléna-
mani impagliate bethel-
della-città
flauto che sugge-
risce al viandante
Precoci alcove
di cuori e spine
lira che sugge-
stiona il senso
dell’andare Heléna-
bocca votata al nulla-
bratislava d’occhi
e misteri
Salivi – ansante –
alla torre nord-est
e il vento ti additava
lontano – un regno –
Ma non sai volare
XXII.
Fuggiasca come allora
dal mare aperto
sale – libido spumeggiante –
la marea
Geme d’un altro
viaggio/sirena – tra le dita –
il fiordo a tocchi
ingioiellato di naufragio
…
Umore/
…
Stimmung d’oltredolore
d’essere/nihil essere/
tutt’uno – fiore
del perdersi del ricercare –
Mansuete lonze/ali
arruffate d’incanto
vaghiamo di cielo
in cielo senza più ritorno
Sazie
di questa
luce di questo
presente
XXIII.
Greve odore
d’assenza sul vetro
già picchietta di questo
immaginario lucernìo
Di questo possedere
a strati erinni e grazie
ove due dita serrano le labbra
d’omerica ingordigia
Avrei voluto ancora
scoprire storie imparare
tormenti arse vividità
che si rincorrano
Ma vedo spegnersi
ormai sulla mia spiaggia
i fuochi partirsene
– cialtrone – già le navi
Metalogo IV
L’Uccello cessò il canto
all’improvviso per un istante
volò in ricordo all’isola
lasciata
– dio degli uccelli nume
della città nido
avrà mai questo mio ricercare –
indi riprese
adagio:
XXIV.
Quando Štĕpán (1) fuggì
dalla città
freddo spirava
fuliggine paura
Sego tempesta
nei boccali
ringhiava il vento
per la Nerudova
Dentro di lui
il bambino sognò
soffice madre
generoso vino
Ali colore
scintille d’argento
sparse nell’aria
dal tappeto di Ouiezd
Cattedrali sommerse
un mondo immenso
e raggomitolarsi infine
nella casa – turchese –
del glicine
__
(¹) Il pittore praghese Štĕpán Žavrel, che visse e morì a Rugolo di Sàrmede nelle prealpi trevigiane
XXV.
Né ὕβρις né clamore
vorremmo più concedere
alle frustate cieche
della città
In ogni tunnel
invochiamo la sorte
che il troll della montagna
ci conceda il passaggio
In cambio offriamo ai numi
giorni di preci/fiele
gonfi d’incontro guardiani
del mutare
E nudi c’inventiamo – cieli
e città a guardare
da una casa di sasso
dimora solitaria
dello scoiattolo –
…
– A salire la grazia
del ciliegio come a morirvi
arduo cogliendo il frutto
per donarlo ai bambini –
– E danzare tendendo
le mani/ eventyrskogen /
verso il bosco
incantato
di Štĕpán –
Epilogo
Poi l’Uccello di rame
e seta a un cenno
del vecchio pose
sigillo al canto:
– D’averci accolto aedi
non avrai a pentirti
perché qualcosa
dunque ti lasciamo
del nostro
raccontare -.
Note biografiche
Andrea Flego è nato a Trieste nel 1950, da genitori istriani. Attualmente vive a Pordenone. È medico, psichiatra e tossicologo. In gioventù ha compiuto studi musicali. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni di carattere scientifico e divulgativo ed una discreta esperienza giornalistica. Ha pubblicato due raccolte di poesie, “Isole nel meriggio” (Cultura 2000 Ed., Enna 1992) e “Oltre” (Campanotto Ed., Udine 1999).
Indice
Presentazione
Di Piervincenzo Di Terlizzi pag.
Dediche e ringraziamenti pag.
Prologo pag.
Metalogo I pag.
Metalogo II pag.
Metalogo III pag.
Metalogo IV pag.
Epilogo pag.
Note biografiche pag.
Indice pag.
(quarta di copertina)
Stimmung d’oltredolore
d’essere/nihil essere/
tutt’uno – fiore
del perdersi del ricercare –
Mansuete lonze/ali
arruffate d’incanto
vaghiamo di cielo
in cielo senza più ritorno
Sazie
di questa
luce di questo
presente